a cura di Massimo Collina
Introduzione
A fine agosto si è tenuto a Johannesburg, tra l’indifferenza dei media occidentali, un importante vertice dei principali paesi emergenti. I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sono considerati i principali rivali geopolitici del blocco G7. Hanno annunciato iniziative concorrenti a quelle delle principali economie sviluppate, come la Nuova Banca per lo Sviluppo, il BRICS Contingent Reserve Arrangement (un accordo a supporto della liquidità per la bilancia dei pagamenti), il sistema di pagamento BRICS, pubblicazioni statistiche congiunte per i BRICS e una valuta di riserva. Dal 2022, il gruppo ha cercato di espandersi, con diversi paesi in via di sviluppo che manifestano interesse ad aderire.
In Sud Africa è stata approvato il futuro ingresso a gennaio 2024 nei BRICS per Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (è evidente che dovranno cambiare l’acronimo). Il nuovo gruppo di undici paesi rappresenterà il 46% della popolazione mondiale, 37% del PIL mondiale, il 68% della produzione di carbone, il 42% della produzione di petrolio e il 38% della produzione di gas naturale”. Inoltre, dovremmo aspettarci che la quota dei paesi BRICS nel PIL globale continui ad espandersi in futuro.
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha affermato che i membri dei BRICS cercano “Un mondo che sia più giusto ed equilibrato, governato da un sistema inclusivo di governance globale”.
Ha aggiunto che “Il valore dei BRICS va oltre gli interessi dei suoi attuali membri” e che “I BRICS ampliati rappresenteranno un gruppo eterogeneo di nazioni con sistemi politici diversi, che condividono il desiderio comune di avere un ordine globale più equilibrato”.
Ma cos’hanno in comune questi cinque paesi? Sul Financial Times, Janan Ganesh da una spiegazione maliziosa, ma plausibile: “Rimostranza: contro il primato occidentale, contro gli insulti del passato”. Le lamentele più recenti includono le difficoltà che questi paesi hanno dovuto superare a seguito della crisi bancaria statunitense nel 2008, il controllo dei seggi del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, l’egoismo mostrato durante la pandemia Covid- 19 sull’accesso ai vaccini e il mancato rispetto delle promesse di fornire sostegno finanziario alle economie in via di sviluppo nella lotta al riscaldamento globale.
I BRICS rappresentano il mondo emergente. Paesi con un PIL pro capite relativamente basso, ma che rappresentano l’87% della popolazione mondiale, contro i (percepiti) ancora ricchi ed elitari paesi occidentali egemonici, che hanno solo il 13% della popolazione mondiale. La guerra tra Russia e Ucraina e quella commerciale tra USA e Cina stanno ridisegnando gli equilibri mondiali. In questo contesto i paesi emergenti si uniscono per poter rappresentare meglio i propri popoli e per costruire un futuro migliore.
Considerazioni economiche Siamo di fronte ad un picco dei tassi d’interesse? A settembre la Fed ha mantenuto i tassi invariati come previsto, ma ha gelato i mercati lasciando la porta aperta ad un ulteriore rialzo entro la fine dell’anno. Le previsioni sulla crescita economica americana sono state alzate per il 2023 e il 2024, mentre l’inflazione è prevista nel complesso stabile e la disoccupazione in diminuzione, indicando nel complesso uno scenario di atterraggio morbido (crescita piatta, ma recessione evitata). Il Comitato continua a prevedere un ulteriore rialzo quest’anno, mantenendo così un orientamento restrittivo in presenza di un miglioramento delle prospettive economiche.
Le proiezioni da falco della Fed hanno colto i mercati alla sprovvista e hanno provocato una ripida correzione dei mercati dei tassi, con un aumento del rendimento dei titoli di stato a lunga scadenza, molto più marcato rispetto all’aumento del rendimento delle scadenze brevi. I rendimenti sono saliti, di conseguenza i prezzi scesi, perché le dichiarazioni aggressive della FED fanno immaginare uno scenario di inflazione persistente.
Durante il 2021 quando i primi germogli d’inflazione nascevano, come conseguenza delle politiche monetarie ultra-espansive del periodo pandemico, le banche centrali, che continuavano a somministrare ai mercati finanziari ingenti dosi di liquidità attraverso l’acquisto di titoli di stato, si affrettavano a definire l’inflazione nascente come transitoria. A distanza di più di due anni possiamo pensare che la politica espansiva è durata troppo a lungo, ma anche che la definizione attuale dell’inflazione (persistente) sia errata, proprio come quella del 2021. In altre parole la Fed è costretta a mostrarsi aggressiva per giustificare il maggiore aumento dei tassi degli ultimi decenni.
La Banca d’Inghilterra ha sorpreso i mercati mantenendo i tassi al 5,25% e i titoli governativi hanno iniziato a recuperare. I dati sull’inflazione in USA e EU a settembre hanno mostrato segnali di miglioramento, con quella europea scesa al 4,3% leggermente sopra al tasso BCE (4%). In USA il dato di agosto fotografa un’inflazione al 3,7% nettamente sotto al tasso della FED (5,25%), sebbene in crescita rispetto al dato di luglio. Insomma la sensazione è che al di là delle dichiarazioni siamo vicini ad un punto di svolta.
Osservazioni sugli investimenti
Come scrivevo nell’ultima Newsletter sono pochi i titoli che hanno guidato il rialzo dell’indice azionario americano SP500 da inizio anno, mentre il 98% delle azioni sono piatte o negative. A questo dobbiamo aggiungere che i titoli di stato USA hanno registrato un rendimento totale del 3,08%, che non si vedeva da tempo. Questo è il toro azionario più sottile di tutti i tempi, molto vulnerabile a una svendita una volta che la “tendenza” di questa manciata di azioni, che assieme rappresentano poco meno del 30% dell’indice, viene meno.
Quale catalizzatore potrebbe innescare la vendita di questi titoli? Considerata la loro altissima valutazione, anche un piccolo evento sfavorevole, potrebbero portare forti vendite. Uno di questi eventi potrebbe essere la consapevolezza da parte degli investitori, che le obbligazioni hanno ora un valore ragionevolmente buono, i tassi d’interesse reali sono aumentati dall’inizio del 2022.
La tendenza positiva dei principali mercati azionari, tuttavia, per ora non è in discussione, nonostante la correzione estiva. Ci apprestiamo ad entrare in quello che statisticamente è il miglior trimestre dell’anno, soprattutto se pre-elettorale per gli USA. Fino ai primi mesi del 2024 la stagionalità sembra favorevole alle azioni.
La sottoperformance dei Beni Reali (merci, beni immobili, oggetti da collezione, metalli preziosi, ecc.), rispetto alle attività finanziarie è particolarmente evidente dal 1980 a oggi. In particolare i prezzi dell’energia e delle materie prime agricole sono particolarmente depressi in rapporto ad azioni e titoli di stato. Se le attività reali dovessero iniziare a sovraperformare le attività finanziarie, è probabile che questo si verifichi laddove o valori sono più penalizzati, Così nelle zone rurali gli immobili potrebbero performare meglio che in quelle urbane, e allo stesso modo, i mercati emergenti probabilmente potrebbero sovraperformare i mercati sviluppati, perché tendono a essere strettamente correlati con i prezzi delle materie prime. Inutile dire che se i prezzi delle materie prime rientrassero in un trend rialzista, potrebbero verificarsi pressioni inflazionistiche. Ma, almeno per ora, l’inflazione dovrebbe ripiegare e per le obbligazioni questo è un segnale rialzista.
Will Durant, filosofo e storico americano, affermava che “Poiché l’abilità pratica differisce da persona a persona, la maggior parte di tali abilità, in quasi tutte le società, è riunito in una minoranza di uomini. La concentrazione della ricchezza è un risultato naturale di questa
concentrazione di capacità e si verifica regolarmente nella storia. Il dispotismo può ritardare per un certo periodo la concentrazione, la democrazia, che garantisce maggiore libertà, la accelera”.