Con l’approvazione avvenuta in data 11 dicembre 2024, volge al termine l’iter del disegno di legge lavoro n. 1264, detto anche “Collegato Lavoro”. Analizziamo in sintesi le novità principali di interesse per le aziende, rimandando gli approfondimenti su singole tematiche a nostre successive circolari.
Dimissioni per fatti concludenti
Quella sulle dimissioni è indubbiamente una delle disposizioni più attese e dibattute. La ratio della norma è quella di porre fine alla pratica diffusa di assentarsi in modo ingiustificato dal posto di lavoro inducendo in tal modo il datore di lavoro al licenziamento, al fine di godere indebitamente della Naspi.
L’art. 19 del DDL (che va sul punto a modificare il comma 7 bis dell’art. 26 del D.lgs n. 151/2015) prevede in sostanza che la risoluzione del rapporto di lavoro sia imputabile alla volontà del lavoratore nei casi in cui la sua assenza ingiustificata dal lavoro si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato in azienda o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni.
La risoluzione del rapporto, tuttavia, non si applica se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano l’assenza.
Il datore di lavoro, al superamento del predetto limite di assenze, è però tenuto a darne comunicazione all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente, che può verificare l’autenticità di quanto dichiarato.
Si osserva che la norma non specifica, né le modalità con cui dovrà essere trasmessa la comunicazione all’Ispettorato, né i criteri che l’Ispettorato stesso dovrà adottare per la scelta delle comunicazioni da sottoporre a verifica. Pertanto, per la piena operatività della norma, sarà necessario attendere i chiarimenti dell’Inl.
Contratto misto
Si tratta di una nuova tipologia di contratto (che alcuni commentatori hanno già ribattezzato come “Contratto misto”) introdotta dal legislatore. Questa nuova tipologia contrattuale permette in sostanza di azzerare la causa ostativa prevista dal comma 57, lettera d-bis della legge n. 190/2014, che esclude il regime fiscale forfettario in favore delle persone fisiche che svolgono la loro attività di lavoro autonoma nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro.
Si prevede in sostanza che uno stesso soggetto possa prestare la propria attività lavorativa per lo stesso datore di lavoro, in parte come lavoratore subordinato, ed in parte da lavoratore autonomo. La normativa si applica alle imprese che occupano più di 250 dipendenti alla data del 1° gennaio dell’anno al quale si riferisce l’assunzione.
Il lavoratore interessato dev’essere una persona fisica iscritta in albi o registri professionali, che esercita attività libero-professionali (comprese quelle di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409 n. 3 c.p.c). Esso viene assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e con un orario part-time che non può essere inferiore al 40% e superiore al 50% dell’orario previsto settimanalmente dal contratto collettivo applicato.
Contestualmente va stipulato un contratto di lavoro autonomo o professionale (il lavoratore deve eleggere il proprio domicilio professionale in un luogo diverso da quello del datore di lavoro con cui ha in essere anche il rapporto di lavoro subordinato).
Per i soggetti non iscritti ad alcun albo o registro professionale, la possibilità di stipulare questo “contratto misto” è demandata alla stipulazione di un apposito accordo sindacale “di prossimità”, stipulato ai sensi dell’art. 8 del DL n. 138/2011.
Il contratto di lavoro autonomo stipulato tra le parti deve inoltre essere obbligatoriamente certificato da uno degli organismi previsti dall’art. 76 del DL n. 276/2003 (commissione di certificazione istituita presso l’Itl, commissioni istituite presso le università e le fondazioni universitarie autorizzate, commissioni di certificazione presso gli ordini professionali dei consulenti del lavoro, commissioni istituite presso gli enti bilaterali previste dai Ccnl). Dall’atto stipulato tra le parti deve inoltre risultare la non sovrapposizione delle ore e delle giornate dedicate alla prestazione di lavoro subordinato con quella autonoma o libero professionale.
Patto di prova nei contratti a tempo determinato
Fino ad oggi, nei contratti a tempo determinato, la legge stabiliva solo che il periodo di prova fosse stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto ed alle mansioni di svolgere, senza tuttavia prevedere un preciso limite di durata. La disciplina aveva quindi determinato dubbi nelle aziende e nei lavoratori.
Con l’art. 13 del “Collegato Lavoro” il legislatore intende colmare questa lacuna, introducendo un criterio di calcolo univoco della durata del periodo di prova.
Viene quindi stabilito che, salve le previsioni più favorevoli stabilite dalla contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova per i rapporti a tempo determinato è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni 15 giorni di calendario, a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. Viene poi disposto che, in ogni caso, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni né superiore a 15 giorni per i contratti con durata non superiore a 6 mesi, e non può essere inferiore a 2 giorni e superiore a 30 giorni per quelli con una durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi.
Non subiscono modificazioni invece i limiti normativi posti in tema di reiterazione della prova e del suo prolungamento al verificarsi di eventi particolari quali la malattia, l’infortunio o i congedi di maternità e paternità obbligatori.
Smart-Working
L’art. 14 del “Collegato Lavoro” interviene sul termine per le comunicazioni obbligatorie relative al lavoro agile, confermando l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al Ministero del Lavoro, in via telematica, i nomi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni di lavoro svolte in tale modalità.
La comunicazione deve avvenire entro 5 giorni dalla data di avvio del periodo. Si ricorda che le modalità per l’effettuazione delle comunicazioni sono individuate dal decreto del Ministero del Lavoro n. 149 del 22 agosto 2022.
Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (staff-leasing)
Le modifiche introdotte incidono sull’art. 31 comma 1 del D.lgs. n. 81/2015 e prevedono l’esclusione dal computo dei limiti quantitativi (attualmente pari al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei contratti) delle ipotesi in cui la somministrazione a tempo determinato coinvolga lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia per il lavoro, o lavoratori assunti per determinate esigenze (svolgimento di attività stagionali, star-up, sostituzione di lavoratori assenti, ultra-cinquantenni).
Viene soppressa la disciplina transitoria (che era valida fino al 30-06-2025) relativa alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore. Tale disciplina prevedeva che la durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore non potesse superare il limite di 24 mesi (anche non continuativi), a condizione che il contratto di lavoro tra l’agenzia di somministrazione ed il lavoratore fosse stato originariamente stipulato a tempo determinato e che l’agenzia avesse successivamente comunicato all’utilizzatore la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la stessa agenzia ed il lavoratore (o la trasformazione a tempo indeterminato del precedente rapporto a termine). Di conseguenza, per effetto delle novità intervenute, se il contratto tra l’agenzia di somministrazione ed il lavoratore è a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva (24 mesi) della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore.
Somministrazione di lavoro a tempo determinato
In merito alla disciplina sulle causali del contratto di somministrazione a tempo determinato, il nuovo decreto apporta una modifica all’art. 34, 2° comma, del D.lgs. n. 81/2015, stabilendo che le “condizioni” previste dall’art. 19 comma 1 (l’obbligo, cioè di indicare le causali dopo i primi 12 mesi di attività complessivamente considerati), non operano in caso di impiego di alcune particolari tipologie di lavoratori.
Si tratta più in particolare dei soggetti che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, a cui si aggiungono alcune categorie di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati e quelli indicati nell’art. 2, numeri 4 e 99 del Regolamento Ue n. 651/2014., individuati con decreto del Ministero del Lavoro. Per tali categorie di lavoratori l’esenzione si traduce nella possibilità di usare la somministrazione a tempo determinato per un periodo massimo di 24 mesi e senza la necessità di apporre la
causale dopo i primi 12 mesi.
Pagamento dilazionato dei debiti contributivi
A far data dal 01-01-2025 viene introdotta la possibilità di rateizzare i debiti contributivi, i premi e gli accessori di legge dovuti a Inps e Inail e non affidati agli agenti della riscossione, fino ad un massimo di 60 rate mensili.
Sarà necessario, tuttavia, attendere la pubblicazione di un apposito decreto ministeriale per la precisa definizione dei casi nei quali sarà consentita tale forma di dilazione, dei requisiti, dei criteri e delle modalità (inerenti anche al versamento) che saranno poi indicati dal Consiglio di amministrazione di ciascuno degli enti interessati.
Compatibilità tra lavoro subordinato e Cassa Integrazione
L’art. 6 del “Collegato Lavoro” va in parte a modificare l’art. 8 del D.lgs n. 148/2015, come segue:
- il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate;
- il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’Inps dello svolgimento dell’attività lavorativa (le comunicazioni effettuate a carico dei datori di lavoro di cui all’art. 4 bis del D.lgs n. 181/2000 sono valide ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui sopra).
In materia di compatibilità con l’attività di lavoro autonomo o subordinato e di cumulabilità del relativo reddito, si rimanda alla circolare Inps n. 107/2010.
Novità in materia di Apprendistato
L’art. 15 del “Collegato Lavoro” prevede l’estensione delle risorse del “Fondo sociale per l’occupazione e la formazione” a tutte le tipologie di Apprendistato e non la loro destinazione al solo Apprendistato professionalizzante.
Tra le novità di rilievo, l’art. 18 introduce la possibilità di trasformare l’Apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale anche in Apprendistato professionalizzante e/o di alta formazione e ricerca, successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale (previo aggiornamento del piano formativo individuale e nel rispetto dei requisiti dei titoli di studio richiesti per l’accesso ai percorsi dell’alta formazione).
Conciliazioni telematiche
L’art. 20 del “Collegato Lavoro” introduce la possibilità che i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro di cui agli art. 410, 411 e 412 ter c.p.c, potranno svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.
Con un apposito decreto del Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero della giustizia, che dovrà essere adottato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della norma, saranno stabilite le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie di informazione e comunicazione.