News

DECRETO SALVA INFRAZIONI: NOVITA’ RISARCITORIE NEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

Tra le numerose disposizioni contenute nel DL n. 131 del 16 settembre 2024 (detto anche “Decreto Salva Infrazioni”), ce n’è una che merita particolare interesse in riferimento all’abuso dei contratti a tempo determinato ed ai rischi risarcitori in capo al datore di lavoro.
Secondo la normativa attuale, nei casi in cui il giudice dispone la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (nel caso, per esempio, di una successione di più contratti che vanno a superare il limite legale dei 24 mesi, o nel caso di stipulazione tra il datore di lavoro ed il lavoratore di un contratto a tempo determinato di durata superiore ai 12 mesi e senza l’inserimento di una causale), il lavoratore ha diritto, oltre alla trasformazione del contratto, a vedersi riconosciuta un’indennità risarcitoria in una misura compresa tra 2,5 e fino ad un massimo di 12 mensilità per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (art. 28 comma 2° D.lgs n. 81/2015).
Secondo la Corte Costituzionale (al cui esame era stata rimessa in passato la questione di costituzionalità della norma) la normativa sopra esposta era nell’insieme adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi. Al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un’indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza la necessità di fornire particolari oneri probatori. Al datore di lavoro, per altro verso, assicura la predeterminazione del risarcimento dovuto per il periodo che intercorre tra l’interruzione del rapporto di lavoro a quello dell’accertamento giudiziale, periodo che trascorre a prescindere da sue responsabilità.
La norma ha comunque suscitato l’intervento della Commissione Europea che ha comminato al nostro Paese una procedura di infrazione (n. 4231/2014), perché ha ritenuto inadeguato l’impianto normativo in essere, considerando non sufficiente la misura indennitaria prevista dall’art. 28 de D.lgs n. 81/2015, in quanto non sarebbe dissuasiva degli abusi del ricorso ai contratti a termine e né garantirebbe un ristoro sufficiente ai lavoratori coinvolti.

L’intervento contenuto nell’art. 11 del “Decreto Salva Infrazioni” 

Sulla scorta di tali indicazioni, con il DL n. 131/2024 si è deciso di intervenire per dare seguito alle prescrizioni dell’Unione Europea, non ulteriormente procrastinabili, apportando due importanti modifiche al D.lgs n. 81/2015.
È stato innanzitutto abrogato il terzo comma che disponeva la riduzione ala metà della soglia massima di indennizzo, in presenza di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.
Al secondo comma dell’art. 28 del D.lgs n. 81/2015 è poi stata aggiunta la seguente frase: “resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”. Questa frase espone il datore di lavoro a ulteriori e maggiori rischi risarcitori, perché, per esempio, un maggior danno per il lavoratore potrebbe anche essere dato dal lungo tempo di contenzioso che va dall’impugnazione del contratto fino alla sentenza.
Viene pertanto introdotta una possibilità di risarcimento pressochè illimitata nella sua misura, e comunque non determinata né determinabile, ove accompagnata dalla prova del danno da parte del lavoratore. Si rischia inoltre di alimentare ulteriormente il contenzioso tra l’azienda e il lavoratore, con riferimento all’ulteriore prova che dovrà essere fornita dal lavoratore stesso.