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E se i governi volessero l’inflazione?

A cura di Massimo Collina

Introduzione

A metà luglio, prima di partire per l’Inghilterra, ho letto su Milano Finanza un articolo di Emilio Girino (avvocato milanese esperto in ambito finanziario) sugli effetti devastanti di Brexit per l’isola. L’autore si soffermava sui dati pubblicati dalla Banca d’Inghilterra e dall’Office for National Statistics, che fotografano come inquietanti i postumi della sbornia divorzista inglese.

“Aumento del costo dell’energia, inflazione galoppante (come in Europa ma su livelli esasperati),
fiducia dei consumatori in caduta libera. Un quarto della popolazione che salta un pasto al giorno e
due terzi che rinunciano al riscaldamento. La Brexit ha portato a una endemica carenza del
personale, per mancato rientro di lavoratori UE rimpatriati durante il Covid, e un regresso
doganale che compromette le esportazioni di due terzi delle imprese britanniche”.

Chiaramente in quindici giorni da turista non sono riuscito a crearmi un’opinione della vita d’oltre manica, ma la lettura di questo articolo prima delle vacanze ha acuito il mio spirito di osservazione. Essendo per natura “contrarian” ho cercato di mettere in discussione la tesi dell’autore, convinto che a noi europei piaccia l’idea che i cugini inglesi se la passino male. Il dato sull’inflazione è corretto, il costo del cibo e della benzina (l’inghilterra è un paese produttore) è molto più elevato che nel nostro paese, ma gli scaffali dei supermarket sono pieni e anche i ristoranti (non solo a Londra). La difficoltà del rimpatrio di molti lavoratori l’ho provata sulla mia pelle all’ufficio passaporti di Bologna. Molti pakistani e indiani, che lavorano stagionalmente in Inghilterra e risiedono in Italia, hanno intasato gli uffici pubblici sottodimensionati con le loro richieste, causando ritardi nel rilascio dei nuovi documenti. Ho trovato un paese come al solito ben organizzato e coeso, che sicuramente saprà affrontare con caparbietà questa difficile sfida. Tuttavia, girando Londra in metropolita, ho pensato che intraprende una scelta così radicale con delle infrastrutture così datate, richiede molto coraggio. Se pensiamo alla velocità con cui crescono le città asiatiche, Londra mi è parsa decadente.

Considerazioni sul debito pubblico
L’inflazione potrebbe essere il fattore che condizionerà di più i mercati nei prossimi anni. I paesi europei (non solo l’Inghilterra) hanno mantenuto i loro tassi di interesse a breve termine sotto lo zero per molti anni dopo la grande recessione del 2008/2009, generando una speculazione
finanziaria sfrenata e schiacciando i rendimenti delle obbligazioni (quando i tassi d’interesse scendono o rimangono a lungo a zero, gli investitori sono compratori di obbligazioni e quindi i rendimenti si riducono). Nonostante questo atteggiamento delle banche centrali, investitori e
analisti non hanno mai prestato molta attenzione al crescente debito pubblico nel mondo dopo il 2009. L’assenza di preoccupazioni tra i politici e la comunità finanziaria è da attribuire al contesto di tassi d’ interesse prossimi allo zero o negativi. Se i tassi di interesse sono a zero, perché qualcuno
dovrebbe mai preoccuparsi dei debiti? Jeff Deist presidente del Mises Institute ha pubblicato un articolo sul motivo per cui l’aumento dei tassi di interesse può far esplodere il bilancio federale USA (Deist ha lavorato in precedenza come capo di gabinetto del membro del Congresso Ron Paul).
“Nonostante un debito federale in forte aumento l’onere degli interessi non è cresciuto grazie a tassi storicamente ai minimi. Da un punto di vista politico questa è una soluzione perfetta: il debito è sempre più popolare delle tasse, per lo stesso motivo per cui iniziare una dieta domani è
più popolare che iniziarla oggi. L’austerità non è facile da vendere per i politici; spendere migliaia di miliardi oggi che si andranno ad aggiungere ad un debito nebuloso è sicuramente più semplice”. Inoltre, per gli USA, lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale, gli consente di esportare
efficacemente l’inflazione ai suoi sfortunati partner commerciali pur mantenendo le importazioni a buon mercato. Questo privilegio è sostenibile? Lo scenario di tassi d’interesse a un minimo da quarant’anni potrebbe presto finire, indipendentemente dalle decisioni della Fed e della BCE. Mercati e geopolitica sono forze potenti. Inflazione, enormi disavanzi previsti, sanzioni economiche contro la Russia e interruzioni nella fornitura delle materie prime potrebbero esercitare una pressione al rialzo sui tassi d’interesse. D’altro canto la FED non può costringere gli investitori istituzionali ad acquistare il debito pubblico americano a tassi molto inferiori all’inflazione per sempre.

Continua Deist:

“Se gl’interessi dei titoli di stato continueranno a salire, magari precipitosamente,
gli effetti sul bilancio federale saranno immediati. Supponiamo che il debito federale totale
rimanga statico a circa 24.000 miliardi di dollari (quello in mano a investitori americani), con tassi
medi ponderati al 5% il debito, costerebbe ai contribuenti circa 1.200 miliardi ogni anno (contro gli
attuali 450). Questo porterebbe gli oneri del debito pubblico al primo posto nelle spese annuali
del Congresso, prima della previdenza sociale, del Medicare e della difesa. Per i responsabili del
budget ogni anno le spese per interessi rappresenterebbero quasi la metà delle entrate fiscali
realistiche”.

Lo stesso ragionamento vale per molti paesi europei, in particolare per l’Italia. “Tutto ciò con riferimento al debito attuale, esclusi i più che probabili disavanzi futuri. Agli anziani piacciono i diritti e la percentuale di americani sopra i sessantacinque anni è destinata a raddoppiare entro il 2050. Ai Repubblicani e ai Democratici piace la guerra e oggi sono impegnati a installare sempre più truppe in Polonia e a costruire nuove portaerei per pattugliare il Mediterraneo e il Mare Cinese Meridionale. Cosa succederà quando il debito salirà a 30 o 40.000 miliardi e la media dei tassi salirà al 7%?” L’idea che ha prevalso dal 2009 ad oggi è che i governi sovrani possono gestire le risorse a loro piacimento monetizzando il debito, cioè facendolo acquistare dalle banche centrali e ottenendo in cambio denaro per la spesa pubblica. Questa mentalità è premiata da elettori che vogliono benessere oggi, senza pensare alle generazioni future. Scelgono di credere che deficit e debito sono essenzialmente gratuiti e non contano. La mia sensazione è che stiamo per scoprire quanto contano.

Perché si dice che l’inflazione è una tassa occulta? Immaginiamo di avere a che fare con due Paesi. Il Paese A riscuote regolarmente le tasse e il suo governo paga le sue spese prendendo il denaro dalle tasse riscosse. In questo paese non si verificano deficit fiscali e viene utilizzato il debito
pubblico per spese in conto capitale come infrastrutture, ecc. Il Paese B non riscuote le tasse verso tutti i cittadini e monetizza il debito. Nel paese B, le spese governative sono tutte pagate dalla banca centrale, che stampa denaro per finanziare le spese annuali del governo. Qualcuno crede
davvero che nel paese B nessuno paghi le tasse? La tassa si presenterà all’improvviso e colpirà più pesantemente alcuni membri della società del
paese B rispetto ad altri. Il paese B avrà un tasso d’ inflazione più elevato rispetto al paese A e nel tempo anche una valuta più debole. Alcune tasse vengono pagate anche se mai riscosse. Se il governo aumenta le tasse è normale che tutti si lamentino del governo. Se aumenta l’inflazione la
gente si lamenterà, ma non necessariamente del governo, che potrà incolpare chiunque dell’aumento dei prezzi: avidi agricoltori e produttori di carne, compagnie petrolifere o Putin…

Inoltre, a causa dell’inflazione, la crescita del PIL in termini nominali resterà positiva e l’IVA e le entrate fiscali sul valore aggiunto aumenteranno, perché aumenta il valore nominale delle vendite. Quindi, il consumatore viene effettivamente colpito due volte per due incrementi fiscali
diversi senza rendersene conto. Un esempio di Paese B è il Giappone, dove la Banca del Giappone (BOJ) da molti anni monetizza il debito del governo. C’è voluto un po’ di tempo, ma ora all’improvviso lo yen giapponese è crollato contro il dollaro USA. Da gennaio 2021, lo yen giapponese ha perso il 25% del suo valore rispetto al dollaro USA. In altre parole, espresso in dollari, i giapponesi sono ora il 25% più poveri rispetto a prima di gennaio 2021. Questa è la tassa che viene pagata dai giapponesi per i continui disavanzi fiscali del loro governo. Naturalmente, quando un consumatore giapponese vuole comprare una scarpa Nike, pagherà un prezzo più alto. Questo è un modo per prendere la ricchezza delle persone da loro senza dover aumentare apertamente le tasse.

Considerazioni economiche e osservazioni sugli investimenti
Dicevo che l’inflazione condizionerà i mercati nei prossimi anni. Nel breve periodo però potrebbe dare respiro ai mercati, perché ad agosto finalmente in America abbiamo avuto un dato inferiore al mese precedente. Inoltre la debolezza economica dovrebbe portare un po’ di sollievo e
potremmo assistere a un rallentamento del tasso di aumento dei prezzi anche nei prossimi mesi. Con prezzi alle stelle ed economia in rallentamento, non dovrebbe sorprende che la fiducia dei consumatori stia crollando nella maggior parte dei Paesi. A fine luglio Walmart (la più importante catena di negozi al dettaglio al mondo) ha abbassato ulteriormente le stime sugli utili. L’inflazione alimentare è a doppia cifra e superiore rispetto alla fine del primo trimestre. Ciò sta influenzando la capacità dei clienti di spendere nelle categorie di merce generica che richiedono più sconti, in particolare l’abbigliamento. I crescenti livelli di inflazione del cibo e del carburante stanno influendo sul modo in cui i clienti spendono. Sono le aspettative in questo momento ad essere negative, infatti la fiducia dei consumatori tedeschi e francesi è diminuita ancora rispetto al mese precedente. L’indice tedesco è sceso a un nuovo minimo storico che risale al 1991. Alle preoccupazioni per l’interruzione delle catene di approvvigionamento, per la guerra in Ucraina e per l’impennata dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari, ora si aggiungono preoccupazioni per le forniture di gas a imprese e famiglie per il prossimo inverno. Una fornitura limitata di gas naturale è probabile che aumenterà la pressione sui prezzi dell’energia e quindi sull’inflazione. Se poi i prezzi delle case dovessero iniziare a diminuire in tutto il mondo a causa di tassi di interesse più elevati e seri problemi di accessibilità da parte delle famiglie più deboli, la fiducia dei consumatori scivolerà ulteriormente. Non a caso le vendite di abitazioni nuove ed esistenti negli Stati Uniti hanno iniziato a diminuire in modo significativo, ed è probabile che l’andamento dei
prezzi delle case seguirà quello delle vendite. Gli analisti in questo momento sono alquanto divisi, alcuni sostengono che il peggio sia oramai alle
spalle, altri invece ritengono che la parte più dura della recessione sia davanti a noi (ipotesi minoritaria). Nelle ultime Newsletter ho scritto che il mercato azionario poteva reagire da una condizione di ipervenduto. Nel mese di agosto abbiamo assistito ad un’estensione del recupero messo a segno a luglio, tuttavia ad oggi è difficile pensare che il mercato possa tornare a breve sopra i valori di dicembre 2021, anche se questo recupero potrebbe sorprenderci positivamente.

Venerdì 26 agosto Powell (il governatore della FED) ha gelato i mercati, facendo capire che la priorità per la banca centrale americana è la lotta all’inflazione e che il ritmo dei rialzi dei tassi non calerà. Quello che non ha convinto è la comunicazione che è apparsa generica e scontata, senza
una definizione precisa degli obiettivi da raggiungere in termini di tassi d’interesse e target d’inflazione. Così come la scorsa estate le previsioni della FED apparivano troppo ottimistiche, allora si parlava di inflazione transitoria che non avrebbe rappresentato una minaccia per l’economia, oggi appaiono molto pessimistiche. In entrambe le riunioni la banca centrale americana ha comunicato ai mercati che le decisioni saranno guidate dai dati economici, un pò come guidare la macchina guardando solo lo specchietto retrovisore.

Cautela!