Citando un compagno di viaggio, la domanda non è perché, ma per chi.
Siamo rientrati domenica 27 marzo dal viaggio che ha portato dipendenti di Confapi Emilia, imprenditori e volontari al confine con la Polonia, nelle città di Przemysl e Medyka. A bordo di 8 van abbiamo attraversato 4 stati, percorso oltre 3 mila km, per portare in salvo 29 persone fuggite dall’Ucraina in seguito allo scoppio di una guerra che sta causando, anche ora mentre leggi, morte e distruzione. È stato un viaggio carico di responsabilità, pieno di emozioni contrastanti. In pochissime ore passate insieme si è creato tra noi un legame di fratellanza che difficilmente si scioglierà. Ci sono esperienze che uniscono anche se prima non ci si conosceva.
Crediamo sia inspiegabile la sensazione che si prova quando al tuo fianco, sedute su uno sgabello di un Autogrill, ci sono due donne madri di due figli di 13 e 14 anni che hanno deciso di fuggire dal Donbass, viaggiare per un mese in condizioni precarie, per raggiungere un confine portatore di speranza. È inspiegabile il nodo alla gola che si prova quando le due ragazze di 18 e 19 anni sul van insieme a te scoppiano a piangere dopo aver detto loro che sarai tu a pagare il loro pranzo, e in quel momento le emozioni sovrastano tutto, e piangi anche tu.
Abbiamo guidato per 55 ore, ne abbiamo dormite 9 in tutto. Ma se ci volgiamo indietro e ripensiamo a ciò che abbiamo fatto il desiderio di ripartire è indomabile. Fame e stanchezza non sono nulla se paragonati a quanto può saziarti e farti stare bene il sorriso di un bambino di tre anni, trovato a Medyka insieme alla mamma di 25 anni e un fratellino di 1 anno e mezzo, con un solo euro nel portafoglio. Svitlana infatti era riuscita a raggiungere il confine da sola tenendo per mano i suoi bambini spinta dalla promessa che sul confine avrebbe trovato un passaggio per San Benedetto del Tronto. Quando però le hanno chiesto di pagare il viaggio, è stata costretta ad arrestarsi per due giorni, fino al nostro arrivo.
Siamo tornati a casa più ricchi e più consapevoli di quanto contino gli affetti e di cosa significhi ‘sopravvivere’. Vedere al telegiornale persone che si trascinano per km portando una valigia pesante non è come assistere alla stessa scena di persona. È un pugno nello stomaco che ribalta le scale di valori in cui hai sempre creduto.
Alle persone portate in Italia sentiamo di voler bene come se le conoscessimo da una vita. Auguriamo loro di rifarsi una vita o di tornare al più presto dai propri famigliari, quando la guerra sarà finita, speriamo nel più breve tempo possibile.
Alla domanda allora “per chi hai intrapreso questo viaggio?” rispondiamo: per le donne, le ragazze, i bambini che abbiamo portato in Italia. Per i loro sorrisi. Per chi lotta per la vita.
Condividiamo con voi qui sotto le foto del nostro viaggio. La maggior parte di queste sono state realizzata dalla fotografa Antonella Bozzini e dal giornalista Francesco Vecchi.
Grazie a tutti coloro che hanno creduto nel nostro viaggio consentendoci di realizzare tutto questo. Grazie a Confapi Nazionale, alle aziende associate, ai singoli cittadini che ci hanno supportato chi con un versamento economico, chi regalandoci cuscini, chi mettendoci a disposizione acqua, van, mascherine. Grazie.
Vi abbracciamo forte.